Come ci si può innamorare di una città che al primo approccio si considera caotica, disordinata e confusa ma che poi, nel tempo, ti conquista fino a decidere di viverci per il resto della vita? Lo racconta Giampaolo Frezza, direttore (dal primo gennaio 2025) del dipartimento Lumsa di Palermo nel suo “Palermo Spasima”, edito da Rubbettino: un memoir in cui l’autore descrive l’arrivo, i primi approcci, la conoscenza, l’innamoramento e, infine, l’amore puro per la città di Palermo.
Il racconto sarà presentato a Palazzo dei Normanni, Sala Mattarella, il 26 giugno 2025, alle ore 17, alla presenza di Silvana Polizzi (giornalista), Lia Sava (Procuratore generale presso la Corte d’appello di Palermo), Dario Mirri (imprenditore e Presidente della Palermo FC), Maria Concetta Di Natale (Presidente della Fondazione Sicilia), Sergio Troisi (Storico dell’arte), Gabriele Carapezza Figlia (Professore ordinario presso la Lumsa) e Pietro Virgadamo (Professore ordinario presso la Lumsa).
Frezza, originario di Viterbo, approda in città per la prima volta venticinque anni fa, quando la Lumsa decide di investire a Palermo per fondare un dipartimento universitario. Da allora, Frezza è testimone di una città che nel frattempo è notevolmente cambiata e migliorata, con un carattere, però, rimasto immutato: le sue autentiche contraddizioni che ti graffiano il cuore fino a rendere questo legame eterno, come si legge dall’ultimo capitolo del racconto intitolato “amore consumato, amore inconsumabile”.

In cammino, per il centro storico ma anche per le periferie, alla ricerca del bello, fra contraddizioni e decadentismi, il racconto è focalizzato sul tema della relazione con l’altro impersonato da una città. La sua personalità stilistica si incentra, dunque, nel rapporto fra due personaggi, l’io e la città di Palermo, che emergono come due poli di una relazione e, talvolta, di una schermaglia amorosa. Descrizione e racconto narrativo si alternano e predomina l’incanto su un certo spartito di stati d’animo. Tutto si fonda sulla voce del soggetto e sulla sua capacità di definire relazioni affettive con il mondo circostante. Attraverso lo sguardo e la meraviglia.
Il racconto si caratterizza, allora, per dare una risposta di luce ad una realtà, quella della città di Palermo, spesso considerata irrisolta: tanta letteratura riconduce infatti quella cultura nell’ambito dell’enigmatico, dell’esoterico, dell’ambiguo. Partendo da questi dati certamente ineliminabili, il memoir di Frezza descrive invece l’incontro, nel decadentismo palermitano, con la luce. Un amore che finisce per essere eterno.
Riportiamo una frase significativa del racconto:
“La mia storia d’amore con Lei, con la mia Città (…) è davvero totale. Non lascia dietro niente.
Contrasti, ossimori, decadentismi, delusioni, munnizza, vastasi, borghesi, palazzi, mercati, murales … fanno tutti parte di un amore radicale, incapace di escludere anche solo un volto dal Suo abbraccio. Questo legame eterno, non cambia nome alle Sue ombre, ma coglie in esse quella dolce speranza di luce che me le fa amare come si ama, con maggiore intensità, l’Amata”.





