Cosa spinge gli uomini a corrompere il proprio animo, a delinquere, ad innalzarsi sopra la legge e sopra il rispetto della vita umana? Senz’altro i soldi. Accumulare denaro per sè stessi. Perché dà potere. Perché gli agi piacciono a tutti, ma la motivazione ufficiale è quasi sempre un’altra: “Lo sto facendo per i miei figli, per la mia famiglia, per farli vivere meglio”.
Ma è davvero così? Le famiglie degli uomini di successo, che hanno messo sotto il tappeto gli scrupoli e la morale per arrivare in alto, sono felici o al contrario scontano la maledizione delle colpe dei padri?
“Figli d’arte” che vacillano già durante il cammino della loro esistenza e che, a volte, si spezzano come grissini sotto il peso delle conseguenze delle gesta paterne. Personalità che si perdono già quando le cose vanno bene ma che rischiano di precipitare quando interviene un arresto, una morte violenta o, comunque, la fine della vita come l’avevano conosciuta.
Perché i figli d’arte, apparentemente, se la passano bene. Le scuole migliori, le case più belle, le auto più potenti e nuove, seconde e terze dimore da fare invidia. Contanti e carte di credito e tanti altri lussi per conquistare le conoscenze più ambite e i migliori giri della buona società.
In tutte queste sovrastrutture, la personalità del “figlio d’arte” è quasi un’appendice. Qualcosa che fa fatica ad emergere, in genere, anche perché spesso è tanto diversa dall’apparenza che lo circonda.
Una di queste personalità belle e fragili si è appena spezzata. Un “figlio d’arte” che aveva già smesso di vivere vent’anni fa quando le scelte del padre l’avevano portato a vivere una vita che non era la sua. A perdere tutto ciò con cui era cresciuto e che considerava un conforto familiare ad una vita già provata dal dolore fisico.
Ha fatto una fine brutta e violenta. Auto inflitta. Dopo un gesto non bello che chi lo conosceva fa fatica ad attribuire alla sua persona. Quando cambi città, amici, e persino nome, quando sei costretto a perdere la memoria di ciò che eri, non resta nulla del tuo carattere. La dolcezza si trasforma in resistenza. Feroce e confuso istinto di sopravvivenza.
Degli anni delle feste, delle uscite fino all’alba, delle risate, della mondanità, delle vacanze di gruppo, del periodo d’oro del divertimento privilegiato, insomma, non era rimasto più nulla. Neanche il roboante nome di famiglia c’era più. Troppo ingombrante. Era necessario cambiarlo per vivere, o meglio, per sopravvivere.
Sono anni diversi. Anni più morigerati in cui gli eccessi non sono più consentiti neanche a chi può permetterseli. Anni in cui, fortunatamente, certi comportamenti devianti vengono scoperti presto e puniti. I miti negativi hanno vita breve.
Ma ai loro figli cosa accade? Questo figlio di una leggenda del secolo scorso è caduto. Si è sparato in testa. L’hanno trovato riverso al suolo in un paese che non era il suo. Chi gli aveva voluto bene già lo aveva perso, ma adesso non ha neppure la speranza che ritorni.